Rassegna Stampa di Mercoledì 3 Aprile 2008

Rassegna Stampa di Mercoledì 3 Aprile 2008

Israele è al secondo posto tra i Paesi più antipatici del mondo. Tutti i quotidiani pubblicano l’esito del sondaggio che è stato realizzato dalla BBC in 34 Paesi intervistando 17 mila persone, ma solo Silvia Guidi su Libero si sofferma ad analizzarne criticamente i risultati. “Sembra il termometro dei pregiudizi globali” sostiene la giornalista. La Cina, Paese che punisce con la pena di morte anche la bigamia e il gioco d’azzardo, è in ascesa per simpatia, mentre il democratico Israele viene giudicato peggio del regime del folle coreano Kim Jon Il, che ha instaurato il regime stalinista più isolato, repressivo e brutale del mondo. “Prova che la menzogna sistematica paga sempre”.

E parlando di menzogne sistematiche, la Tv Al Aqsa di Hamas continua nella sua politica di indottrinamento all’odio rivolta ai bambini, nelle fasce orarie a loro dedicate. Giulio Meotti su Avanti racconta come -dopo i pupazzi di animali che si immolavano nella guerra santa a Israele, e dopo la scioccante intervista ai due giovanissimi figli di una martire, che citavano con orgoglio i numero delle morti civili causate dalla madre- è ora la volta di un programma in cui la Casa Bianca appare trasformata in moschea e l’impuro Bush, che vorrebbe entrare, viene ucciso a colpi di spada dai bambini provenienti da tutti il Medio Oriente, che vi si sono insediati.

Non solo Tv, ma anche Internet come veicolo di odio. Riporta La Repubblica che Al Zawahiri, numero due di Al Qaeda, rispondendo ad alcune domande sul web, incita a colpire obiettivi ebraici dentro e fuori Israele, e anche di attaccare gli uffici delle Nazioni Unite, che sarebbero nemiche dell’Islam e dei musulmani. E smentisce le voci di una malattia di Bin Laden.

Conversioni. Dopo quella di Magdi Allam al cattolicesimo, quella di Fouad Allam che passa dal Pd alla Magna Charta, aprendo al PdL, auspicando lo nomini ministro dell’immigrazione in un prossimo governo Berlusconi (Barbara Romano, Libero. Allam accusa Veltroni di razzismo per non averlo messo in lista. Nel rispetto dell’editorialista musulmano di provata fede democratica a moderata, rimane però il dubbio che, come tutti gli esclusi, tenda a dare una motivazione ideologica a una esclusione che potrebbe avere semplici motivi di calcolo politico.

Il Giornale, dando notizia di numerose conversioni in Francia dell’Islam al cattolicesimo, recensisce per la penna di Camillo Longoni un curioso libro pubblicato da Bruno Mondadori: “Convertire i musulmani. L’esperienza di un gesuita spagnolo del Seicento”. L’autore, Emanuele Colombo, ha scoperto un testo inedito in Italia e dimenticato ovunque, ne ha tradotto alcune parti, e spiega come procedere, secondo le indicazioni dell’attivissimo convertitore gesuita Tirso Gonzales: usare la ragione e non solo la fede, spiegare la falsità del Corano con il Corano, mostrandone le contraddizioni, illustrare la vita non propriamente santa di Maometto, e sottolineare le angherie alle donne. Sorprendente l’attualità: potrebbe essere stato scritto oggi. Sarà bersaglio di fatwa?

Chris Patten, rettore della Oxford University ed ex-commissario europeo su Repubblica elogia la proposta di Blair, di creare subito uno stato Palestinese, in quanto la road map non sarebbe più percorribile. Questo comporterebbe il rientro di Israele entro i confini del ’67,e la creazione di istituzioni in Palestina, ma secondo Patten un accordo definitivo subito è l’unico modo di arginare l’escalation di odio e violenza.

Intanto fra gli ortodossi israeliani c’è poco da stare allegri. Ispirandosi alla famosa battaglia di Lisistrata, le guardiane dei mikvè, i bagni rituali, hanno incrociato le braccia. Protestano contro il mancato pagamento del pur misero stipendio che viene loro corrisposto dai consigli rabbinici, spiega Massimo Veronese sul Giornale (ma la notizia è ripresa da quasi tutti i quotidiani). Niente bagno, niente sesso, e soprattutto niente matrimoni. L’immersione rituale nella piscina è un requisito indispensabile all’ottenimento dei certificati di matrimonio.

A Gerusalemme montano le proteste per la costruzione del ponte di Calatrava, che dovrebbe essere pronto per le celebrazioni ufficiali dei 60 anni di Israele (Davide Frattini Corriere della Sera). Voluto da Olmert quando era sindaco, il ponte, che costerà 44 milioni di euro, è ispirato all’arpa di Davide, e inalbererà una torre di 120 metri, visibile da ogni parte della città. C’è chi lo definisce un “mostro” che deturpa la città d’oro, considerata la più bella del mondo e che rischia ora di trasformarsi in una colata di cemento, mentre le vecchie case della bellissima pietra tradizionale vengono abbandonate e distrutte.

Polemiche anche sulla ricostruzione del padiglione italiano a Auschwitz. In una lettera indirizzata alla Stampa Michele Sarfatti, direttore del CDEC, precisa che nel comitato incaricato di studiare il progetto c’è anche l’ANED (l’associazione nazionale ex-deportati), che aveva allestito il padiglione 28 anni fa, e non solo istituzioni ebraiche; e spiega la necessità di un dialogo approfondito per decidere come realizzarlo: non una “guerra della memoria”, ma un guerra di idee, un confronto acceso per trovare la soluzione migliore, che spieghi in italiano agli italiani perché tanti italiani sono morti nei campi di concentramento.

Brevi. Mosley, dopo l’orgia sado-nazi, pare sia in procinto di dimettersi:l’avrebbe scaricato anche il suo patron Ecclestone, e intanto non presenzierà la gara di Formula 1 in Bahrein (Il Tempo).

E Tzahal concede la pensione di guerra anche ai “vedovi” degli omosessuali. Lo rivela Francesca Paci sulla Stampa, commentando positivamente l’apertura democratica di quello che è considerato il più severo e temibile degli eserciti.

Viviana Kasam

Ucei.it

Fiera del Libro di Torino: Quelle incredibili minacce a Napolitano

IL «COMITATO NAKBA»

Quelle incredibili minacce a Napolitano

di MAGDI ALLAM

Quelle minacce a Napolitano per la Fiera del libro «Razzismo», «faziosità», «abuso calunnioso»: un durissimo attacco al capo dello Stato per la sua decisione di inaugurare l’iniziativa di Torino, quest’anno dedicata a Israele

C’è qualcuno in Italia che immagina di poter minacciare impunemente il capo dello Stato, Giorgio Napoiltano, intimandogli «caldamente di tenersi lontano dalla Fiera del libro di Torino», perché egli sarebbe «di parte, irrazionalmente di parte», uno che considererebbe «normale e lecito» il massacro dei palestinesi, schierato dalla parte del «sopruso e sostegno aperto all’illegalità», accusato di «discriminazione», «razzismo», «settarismo», «faziosità», «insensibilità», «abuso calunnioso», «prevaricazione». «Alla luce di tutto questo, signor Presidente, La invitiamo, visto che non sarà in grado di fare un intervento equilibrato, o come dice D’Alema, equidistante, a non ingerire». Per costoro il presidente italiano compirebbe un’«ingerenza» inaugurando una Fiera del libro che si tiene sul territorio italiano. Quindi deve stame «lontano». Chi è che osa così tanto da ritenere che l’Italia sia uno Stato a sovranità finiitata o che si sottomette facilmente alle minacce e alle intimidazioni? Il comunicato che stiamo leggendo reca in calce la sigla «Comitato Ricordare la Nakba» ed è datato 18 febbraio 2008. DoVe per «Nakba» si intende la «Catastrofe», com’è stata ribattezzata la sconfitta degli eserciti arabi nella guerra d’indipendenza dello Stato d’Israele all’indomani della sua proclamazione il 14 maggio 1948.

A diffonderlo è stato il sito Infopal (http://www.infopol.it/testidet.php?id=78o4) il 3 marzo, postandolo con la formula «Riceviamo e pubblichiamo». Quasi si trattasse di un messaggio come tanti altri. «Illustre signor Presidente, abbiamo appreso che Ella sarà presente all’inaugurazione della Fiera Internazionale del libro di Torino e al festeggiamenti del 6o° anno di fondazione dello Stato di Israele», inizia così il comunicato che attacca subito duramente Napolitano: «Tutti decantano la presunta democrazia israeliana. Ella come capofila (…) Ella è sordo e muto di fronte alle atrocità che questo stato ha commesso in passato e continua a commettere oggi nei confronti del Popolo Palestinese». «Vi accingete a celebrare la nascita di uno stato colonialista che per far posto al milioni di ebrei ivi immigrati non ha esitato nel 1948, a cacciare manu militari 850 mila palestinesi, ricorrendo a forme di terrorismo che dovrebbero ricordarLe i nemici contro i quali si è battuto in passato. Le rammentiamo questo triste primato perché ci sembra che Ella lo abbia rimosso». Segue l’affermazione secondo cui Israele si comporterebbe con i palestinesi allo stesso modo con cui i nazisti sterminarono gli ebrei.

Le accuse contro il presidente Napoiltano sono pesanti: «Muoiono decine di palestinesi, senza che compaia una notizia, una sola parola di condanna… niente. Ella tace e questa è faziosità». «Non avete rispetto delle tante sofferenze dei palestinesi e questa è insensibifità». «Ella non ha speso una parola per porre fine a questa ingiustizia». «Ella legittima qualsiasi reazione dello stato sionista, non importa quanto criminale essa sia; questo è settarismo». «Ella e tutta la classe politica italiana non avete mai protestato». Man mano dalle accuse si passa alla condanna implacabile del nostro capo di Stato: «In nome della sicurezza dell’entità sionista avete disatteso la sentenza del Tribunale dell’Aja, avete difeso il muro dell’apartheid. Questo si chiama sopruso e sostegno aperto all’illegalità». «Avete inventato l’equazione antisionismo = antisemitismo e avete tacitato con infamanti accuse chiunque osasse criticare Israele. Questo si chiama abuso calunnioso», Dopo aver definito Israele «uno stato illegale», Napolitano viene tacciato di non essere «credibile», «la Sua è una pace a senso unico, la pace per il più forte. Questa si chiama prevaricazione». Segue un’accusa gravissima: «Israele elimina fisicamente gli intellettuali e gli scrittori palestinesi (l’elenco è interminabile, non lo rammenta, signor Presidente?), ma questo per Lei è normale, è lecito». Chi è questo sedicente «Comitato Ricordare la Nakba» che considera li capo dello Stato italiano alla stregua di un criminale fuorilegge?

Sappiamo solo che fa parte di una rete di associazioni che aderisce al Forum Palestina (www.forumpalestina.org), che comprende anche l’agenzia Infopal. Di quest’ultima si sa che è diretta da Angela Lano. Del «Comitato di consulenti» di Infopal fanno parte alcuni accademici (Wassim Dalmash, Lucia Avallone, Enrico Galoppini, Maurizio Bagatin), giornalisti (Paolo Moiola, Maurizio Musolino, Samir Qariouti), studiosi (Gianiranco Bosco, Beppe Scali), due noti convertiti all’islam (Roberto Hamza Piccardo e Elio Arancio), il senatore Fernando Rossi, Rosario Citriniti del Torino Social Forum, Dario Rossi dei Giuristi democratici e Mariano Mingarelli, presidente dell’Associazione Amicizia Italo-Palestinese. A tutti loro è doveroso rivolgere la domanda: siete al corrente delle diffamazioni e minacce al presidente della Repubblica diffuse dalla vostra agenzia Infopal?

http://www.corriere.it/allam
http://www.magdiallam.it

(Fonte: Corriere della Sera, 5 Marzo 2008)

L’antiebraismo dei buoni

L’antiebraismo dei buoni

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Scritto da Magdi Allam

giovedì 21 febbraio 2008

Se nell’Italia democratica che ha istituzionalizzato il Giorno della Memoria e il cui capo dello Stato, Giorgio Napolitano, si è spinto fino a dire «no all’antisemitismo anche se si traveste da antisionismo », due docenti ebrei dell’Università di Torino hanno deciso di presentarsi oggi in aula avvolti nella bandiera israeliana per denunciare l’intolleranza e l’aggressività di cui sono oggetto per il loro esplicito sostegno a Israele, ebbene dobbiamo prendere atto che c’è un vuoto da colmare tra l’atteggiamento ufficiale e la realtà dei fatti. Se poi consideriamo il contesto che, solo nell’ultimo mese, ha registrato l’annullamento della visita dell’imam della Grande Moschea di Roma alla Sinagoga, il boicottaggio degli scrittori arabi alla Fiera del Libro di Torino per la presenza di Israele quale ospite d’onore e la pubblicazione di una lista di proscrizione di docenti ebrei e amici di Israele, dobbiamo ammettere che l’antiebraismo e l’anti-israelismo sono tratti salienti nella vita religiosa, culturale e accademica del nostro Paese.

La storia di Daniela Santus, docente di Geografia culturale, e di Ugo Volli, Semiotica, coniuga il pregiudizio specifico nei confronti degli ebrei e di Israele con il male ideologico dell’intolleranza e della violenza diffuso nelle nostre università.

E di cui si tende ad addossarne la responsabilità principale, se non esclusiva, a una « minoranza ». Come è il caso del sedicente «Collettivo universitario autonomo» che, in un suo comunicato del 9 maggio 2005, diceva: «A Ugo Volli e Daniela Santus: siete degli incompetenti, perché confondete la critica al sionismo con l’antisemitismo. Se non è incompetenza è malafede, perché cerca di farsi vergognosamente scudo di una strumentalizzazione della memoria storica sul genocidio nazista per fomentare il genocidio a danno della popolazione palestinese». Sempre a Israele viene addebitata una «politica di sterminio e di persecuzione razziale», nonché il «terrorismo creato, praticato e organizzato scientificamente dallo stato sionista».

La persecuzione verbale nei confronti della Santus, che ha ricevuto anche una minaccia di morte per le sue simpatie nei confronti di Gianfranco Fini, è riesplosa due giorni fa con la distribuzione all’università di un dossier di una ventina di pagine a cura del «Collettivo universitario autonomo» comprendente, tra l’altro, anche una lettera della Santus al rettore e al preside della Facoltà di Lingue che avrebbe dovuto restare riservata. Di qui la decisione di raccogliere la sfida e uscire allo scoperto denunciando con un gesto simbolico il clima esasperato di intimidazioni.

A questo punto si impongono due domande: com’è possibile che questa «minoranza » aggressiva e violenta, tra cui figurano giovani che nulla hanno a che fare con l’università, disponga di spazi fisici e di risorse operative a Torino (ma è lo stesso anche a Roma e altrove) per perpetuare questo comportamento arbitrario? Com’è possibile che il Rettorato consenta ciò nel nome di un’equivoca interpretazione della libertà che di fatto è una sottomissione ai violenti?

Seconda domanda: siamo proprio certi che si tratti di una «minoranza cattiva» che sta in mezzo a una «maggioranza buona »? Si era detto lo stesso per i 67 docenti e per il centinaio di studenti della Sapienza che sono riusciti ad annullare la visita del Papa. Poi abbiamo scoperto che i 67 sono diventati circa 1500 e che le adesioni al «no al Papa» crescono. Ebbene la verità è che non c’è solo il bianco e il nero, ma c’è una vasta area grigia fatta di collusione ideologica, reticenza e opportunismo. Spiace dirlo, ma se ci fosse una «maggioranza buona» non avrebbe permesso il boicottaggio del Papa e la persecuzione dei docenti ebrei.

Da: corriere.it

Il LegnoStorto

Se paragonare Israele al nazismo non è reato

LA PROCURA Di BOLOGNA SUL MANIFESTO DELL’UCOII

Se paragonare Israele al nazismo non è reato

«Libertà di espressione» secondo il pm emiliano. Eppure a novembre il collega di Roma aveva decisio il rinvio a giudizio per «istigazione all’odio razziale»

E del tutto lecito domandarsi se non ci sia una eccessiva elasticità ideologica nell’interpretazione della legge, che dovrebbe essere uguale per tutti

di MAGDI ALLAM

Tempi duri per Israele e rer gli ebrei in Italia Dopo l’annullamento della visita dell Imam della Grande Moschea di Roma alla Sinagoga, l’annuncio del boicottaggio degli scrittori arabi alla Fiera del Libro di Torino che ha designato Israele come ospite d’onore, la pubblicazione di una lista di proscrizione di docenti universitari ebrei e simpatizzanti di Israele, l’ultima sorpresa arriva dalla Procura di Bologna che, assumendo una decisione diametrainente opposta a quella della Procura cli Roma, ha archiviato il caso di un infame manifesto dell’Ucoii (Unione delle Comunità e Organizzazioni Islamiche in Italia) in cui si equipara Israele al nazismo, sostenendo che si tratterebbe di «libertà d’espressione».

«Ieri stragi naziste, oggi stragi israeliane, è il titolo dell’inserzione a pagamento fatta pubblicare dall’Ucoii sulle testate del Quotidiano Nazionale il 19 agosto 2006, concludendosi con un’altra al:errante equazione: «Marzabotto=Gaza=Fosse Ardeatine=Libano». E in un comunicato del primo agosto 2006, commentando la strage di Cana, il Consiglio direttivo dell’Ucoii affermò che «è il segno di un’ulteriore escalation criminale di uno Stato nato nella pulizia etrica, cresciuto e consolidato nella violenza e nell’ingiustizia e che, Iddio non voglia, finirà per essere la tragedia definitiva tel suo stesso popolo».

Ebbene per la Procura di Bologna in tutto ciò «non c’è alcuna espressione neppure in forma sottintesa o indiretta ispirata o caratterizzata da ragioni di discriminazioni razziali o religiosa e formulata allo scopo di incitare alla violenza con l’intenzione di colpire altre persone a causa delle loro caratteristiche razziali, etniche o religiose».

Tutt’altro, precisa il pubblico ministero Morena Plazzi, «si tratta di un documento di denuncia politica, certamente una ricostruzione parziale che non fa cenno alle numerosissime vittime civili israeliane, ma che in nessun modo si traduce in espressioni riconducibii al reato ipotizzato o ad altra ipotesi delittuosa, risultando manifestazione costituzionalmente tutelata della libertà d’espressione del pensiero».

Peccato che sia di avviso totalmente contrario il Procuratore aggiunto di Roma, Maria Cordova, che già il 30 novembre scorso aveva deciso il rinvio a giudizio del presidente e del portavoce dell’Ucoii, Nour Dachan e amza Roberto Piccardo, per il reato di istigazione all’odio razziale. E’ del tutto lecito domandarsi come sia possibile che in uno Stato di diritto dove un’unica legge dovrebbe essere uguale per tutti, due Procure si pronuncino in modo diametralmente opposto sullo stesso caso giudiziario a distanza di due mesi e mezzo. Così come è del tutto lecito domandarsi se non ci sia una eccessiva elasticità ideologica nell’interpretazione della stessa legge.

Il dubbio sulla magistratura bolognese affiora dal momento che già il 27 giugno 2006 il Tribunale della libertà aveva sentenziato che le azioni violente di Al Qaeda e dei taliban contro le forze multinazionali in Afghanistan non sono terrorismo, legittimando addirittura il «martirio islamico».

Così come resta scandaloso il caso di Nabil Bayoumi, il direttore della Moschea An-Nur di Bologna, affiliata all’ Ucoli, che il 7 settembre 2005 intervenendo alla trasmissione Matrix su Canale 5 disse: «In Israele non esistono civili e nemmeno i bambini sono innocenti. (…) I kamikaze non sono tutti da scomunicare, (…) specialmente quelli palestinesi. (…) Osama Bin Laden dice cose condivisibii quando afferma che gli americani e i loro leccapiedi dei governi occidentali devono andarsene dai Paesi arabi».

Trattandosi di apologia di terrorismo e quindi di reato penale, sarebbe dovuta intervenire d’ufficio la Procura di Bologna data l’obbligatorietà dell’azione penale. Invece non è successo assolutamente nulla. Nell’attesa che l’Italia riscatti la certezza del diritto e della pena e che gli ebrei italiani e Israele possano essere garantiti nel loro diritto alla vita e alla sicurezza, l’Ucoii ringrazia la magistratura bolognese: il progetto della megamoschea a cui tiene tantissimo anche il sindaco Cofferati non sarà intralciato da un ostacolo giudiziario.

Corriere.it

Magdi Allam: dopo il diktat egiziano sulla visita alla Sinagoga di Roma la Grande Moschea della capitale non può rappresentare l’islam italiano

30.01.2008 Dopo il diktat egiziano sulla visita alla Sinagoga di Roma
la Grande Moschea della capitale non può rappresentare l’islam italiano: un articolo di Magdi Allam

Testata: Corriere della Sera
Data: 30 gennaio 2008
Pagina: 21
Autore: Magdi Allam
Titolo: «L’Islam e la Grande Moschea di Roma Quegli ordini che vengono dall’estero»

Dal CORRIERE della SERA del 30 gennaio 2008:

Può la Grande Moschea di Roma, il centro istituzionale dell’islam d’Italia, continuare ad essere retta da un imam che prende ordini e viene stipendiato dal governo egiziano, da un segretario generale che è designato e risponde del suo operato al re del Marocco e dall’ambasciatore dell’Arabia Saudita che provvede in modo discutibile alle spese correnti?

Il quesito si ripropone oggi con maggiore impellenza dato che, a fronte di una strategia messa in atto negli ultimi mesi dal ministro dell’Interno Amato per attribuire alla Grande Moschea la funzione di cardine nella costruzione di un islam italiano che escluda l’Ucoii, di fatto prima la revoca della visita dell’imam alla Sinagoga di Roma il 23 gennaio e poi la convocazione per la prima volta dell’Assemblea dei soci del Centro culturale islamico d’Italia (l’organismo che sovrintende all’attività della Grande Moschea) il 26 gennaio, hanno evidenziato, da un lato, un forte condizionamento da parte dell’estremismo islamico e, dall’altro, una gestione arbitraria e disastrosa. È proprio nel corso della riunione d’esordio dell’Assemblea dei soci, dopo ben 13 anni dall’inaugurazione della Grande Moschea il 21 giugno 1995, che sono emerse le incompatibilità di fondo a livello di leadership e l’esito fallimentare dell’attuale gestione. La riunione era presieduta dall’ex ambasciatore Mario Scialoja, mentre la relazione introduttiva è stata tenuta dal segretario generale Abdellah Redouane. Questi era fresco di nomina, il 21 dicembre scorso, a membro del «Consiglio della comunità marocchina all’estero », un organismo voluto personalmente dal re Mohammed VI, in cui compare con il titolo di «dottore in Scienze delle organizzazioni e in Sociologia». Ufficialmente Redouane è un funzionario del ministero marocchino dei Beni religiosi, ha un passaporto diplomatico, ma al tempo stesso ambisce a diventare il referente istituzionale dei musulmani d’Italia. A tale fine egli sta creando una rete di moschee che accettano di sottomettersi all’autorità della Grande Moschea di Roma (l’hanno già fatto in una ventina), sottoponendo loro un «Accordo di cooperazione» in cui si auspica genericamente «l’integrazione dei musulmani con la società italiana e la convivenza tra le due culture », ma non si fa il benché minimo riferimento alle questioni concrete e cruciali, come la denuncia della predicazione d’odio, violenza e morte diffusa nelle moschee all’insegna della negazione del diritto di Israele all’esistenza e dell’apologia del terrorismo islamico.

Un simile intervento s’imponeva all’indomani della revoca della visita dell’imam Alaa Eldin Mohamed Ismail Al Ghobashy alla Sinagoga di Roma, dopo una fatwa emessa il 21 gennaio dallo sheikh Abdel Fattah Allam, il braccio destro del Grande imam di Al Azhar, lo sheikh Mohammed Sayed Tantawi, in cui ha sentenziato: «Il dialogo tra islam e ebraismo non è contemplato finché non saranno restituiti i propri diritti a chi ne è titolare». Ovvero niente intese con gli ebrei italiani fino a quando Israele non sarà annientata. Ma è proprio in seno all’Assemblea dei soci che il delegato egiziano, in rappresentanza dell’ambasciatore in Italia Ashraf Rashed, ha chiarito a quali ordini risponde l’imam della Grande Moschea: «Il nostro contributo alla gestione del Centro islamico lo diamo assicurando lo stipendio e le spese dell’imam».

La precisazione del delegato egiziano è avvenuta nel contesto della presentazione di un formulario in cui si è chiesto alla ventina di persone invitate all’Assemblea dei soci, scelti da Redouane con un criterio discrezionale, di limitarsi a barrare con una croce la casella del «sì» o del «no» corrispondente alle domande relative all’approvazione o meno del bilancio in corso del Centro islamico (indicato in 393.000 euro di uscite e un passivo di 100.000 euro), del prossimo bilancio (con l’indicazione della richiesta di un finanziamento da parte dell’Arabia Saudita di 500.000 euro, di cui i due terzi per gli stipendi e un terzo per le spese correnti).

Dietro a queste cifre si cela una situazione catastrofica: ormai da tempo nella Grande Moschea mancano il riscaldamento e l’acqua calda, così come sono state tagliate alcune linee telefoniche. Perché non ci sono i soldi per pagare le bollette. Possibile che con il barile a 100 dollari l’Arabia Saudita non sia in grado di sopperire al minimo indispensabile per il funzionamento della Grande Moschea? Il terzo quesito sottoposto all’Assemblea dei soci era sulla proroga di un anno del Cda del Centro islamico. Si tratta di un organismo di 15 membri, presieduto dall’ambasciatore saudita, di cui fanno parte gli ambasciatori di Indonesia, Egitto, Pakistan, Malesia, Senegal, Marocco e Bangladesh.

Ebbene torniamo al quesito iniziale: possono essere questi i rappresentanti dei musulmani d’Italia? Può essere questo il contesto dove realizzare un islam italiano? Evidentemente no. Eppure questa è la desolante realtà di una classe politica che non vuole assumersi la responsabilità di far maturare una rappresentanza islamica che sia compatibile con i nostri valori e che aderisca alla nostra identità nazionale.

Informazione Corretta

Selezione della Rassegna Stampa del 30 Gennaio 2008

RASSEGNA STAMPA – mercoledì 30 Gennaio 2008

Buona parte degli articoli oggi sono ancora dedicati alla commemorazione della Shoah e alle polemiche sulla Fiera del libro di Torino: polemiche interessanti soprattutto perché rivelano quanto è profondo e tormentato, all’interno della sinistra, il pregiudizio aprioristico anti-israeliano. Così, mentre in un lungo intervento sull’Unità Fulvio Abbate, difende Israele e la sua presenza alla Fiera del Libro, Il Manifesto pubblica la lettera con cui Ibrahim Nasrallah, poeta palestinese (omonimo del macellaio che rivendica la proprietà di pezzi di corpi di soldati israeliani?) rifiuta di partecipare alla Fiera insieme agli “assassini” israeliani, e ospita una “proposta politica” di Ester Fano, docente della Sapienza (e si suppone ebrea almeno di origine) che vorrebbe invitare solo gli scrittori israeliani pacifisti e critici verso Israele, uscendo dalla logica della Fiera di invitare Stati, e sostituendola con proposte tematiche. Potrebbe non essere una cattiva idea che la Fiera proponesse annualmente un tema piuttosto che un Paese, ma è difficile condividere la posizione che solo gli scrittori giudicati “buoni” dalla Fano possano intervenire. Ma il Manifesto ha due anime, e Daniele Giglioli, come già aveva fatto Valentino Parlato, difende invece l’invito a Israele.

Il Sole 24 Ore dedica oggi un’intera pagina alla Comunità ebraica di Roma, analizzandone i cambiamenti, intervistando il rabbino Di Segni, e segnalando la prossima nascita di una nuova sinagoga a Monteverde e di una università ebraica, la Touro, che già esiste in altri Paesi.

Sul Corriere della Sera, da non perdere l’articolo di Magdi Allam sulla grande Moschea dio Roma, quella da cui, la settimana scorsa, è venuto “il gran rifiuto” della visita alla Sinagoga. Allam rivela come la Moschea sia assolutamente dipendente dai Paesi Arabi, per i finanziamenti, le linee politiche, le scelte; e come il suo Consiglio sia composto esclusivamente da ambasciatori dei Paesi musulmani, tra cui Indonesia e Pakistan. E’ un giusto modo, si chiede Allam di rappresentare i musulmani italiani e di creare una identità nazionale a questa comunità che diventa sempre più numerosa?

Sempre il Corriere della Sera ospita una notizia curiosa. Quella dell’attacco di Seamus Farrow, unico figlio biologico di Woody Allen, contro il Consiglio dei diritti umani dell’ONU, reo di essere “un cancro antisemita”. Su 13 condanne per reati contro i diritti umani nei 17 mesi della sua esistenza, il Consiglio ne ha emesse 12 contro Israele. La corrispondente Alessandra Farkas sottolinea come, a differenza del padre, che si definisce un ebreo antisemita, Seamus, considerato un genio, sia invece impegnato nel difendere l’immagine di Israele.

La fatwa non esiste solo nei paesi islamici. Stefano Ciavatta, su Il Riformista, racconta della probabile condanna dello storico americano di origine polacca Ian Tomasz Gross, reo di avere scritto un libro suil’antisemitismo in Polonia dopo Auschwitz. In Polonia, rischia tre anni di galera chi sostiene che il Paese o i suoi cittadini sono responsabili o hanno collaborato coni crimini nazisti e comunisti. Negazionismo puro, questa volta di Stato: la legge 132 è stata approvata dal governo Kacynski nel 2006.

Il Sole 24 Ore dedica una lunga intervista a quello che potrebbe esere definito il Berlusconi israeliano: Arkadi Gaydamk, di origine russa, miliardario fatto-da-sé, proprietario di squadre di calcio, appassionato di sondaggi, che nel 2007 ha fondato il partito “Giustizia sociale”. Roberto Buongiorni ne traccia un ritratto interessante: Gaymadak non sarebbe interessato a diventare premier, se il governo dovesse cadere, ma sarebbe interessato a diventare sindaco di Gerusalemme, con l’idea di renderla una città aperta e di migliorare le condizioni di vita della popolazione araba.

Le Monde pubblica con molto rilievo l’appassionata richiesta di Marie Rajablat, responsabile per Médecins de France dei programmi nei territori palestinesi, in cui sollecita l’unione Europea a intervenire con fermezza a Gaza, illustrando la disastrosa situazione della popolazione. Rajablat ha ben presente che le responsabilità sono anche di Hamas, e invita i governi europei a richiedere la cessazione del lanci dei missili contro Sderot e la riapertura dei valichi con Israele.

E per finire due piccole notizie curiose. L’attore Mario Malinverno ha ritirato il diritto di utilizzare al sua immagine nel film “Hotel Meina” di Lizzani, spiega la Stampa, dopo aver verificato le gravi discrepanze con la realtà storica. Complimenti. Non è frequente che un attore si rifiuti ai falsi storici. E a Roma è nato l’osservatorio delle Donne di Fede per volontà del Comune, racconta La Repubblica nelle pagine della cronaca locale. Un luogo in cui donne di ogni religione possano incontrasi e discutere. La pace e il dialogo verranno dall’altra metà del cielo? C’è da augurarselo.

Viviana Kasam

Ucei.it

Un appello IGNOBILE: Magdi Allam sbugiarda i bugiardi

Incredibile…..non contenti di aver sottoscritto un IGNOBILE appello continuano a mentire sperando che nessuno se ne accorga…..eppure basta leggere il farneticante testo scritto da questi personaggi per capire chi ha ragione in questa diatriba…..

11.11.2007 Magdi Allam sbugiarda i bugiardi
Mistificano i fatti e dissimulano la veritàTestata: Corriere della Sera
Data: 11 novembre 2007
Pagina: 35
Autore: Magdi Allam
Titolo: «L’appello «Gaza vivrà»»
Magdi Allam risponde, sbugiardandoli, a quell’accozzaglia di firmatari dell’appello < Gaza vivrà>, sul CORRIERE della SERA di oggi, 11/11/2007, a pag.35. Ecco la lettera dei mistificatori-dissimulatori, come li ha definiti giustamente Magdi Allam. Segue la risposta:

Poche righe per comunicare la nostra sorpresa nel leggere sul Corriere del 4 novembre un articolo a firma di Magdi Allam che, ancora una volta, manifesta il suo livore contro chi si permette di criticare la politica dello Stato di Israele nei confronti del popolo palestinese, da decenni sottoposto a una spietata occupazione militare. In questo caso non si tratta di solo livore: Magdi Allam, trasformandosi da giornalista a pubblico inquisitore, sollecita la magistratura italiana a prendere provvedimenti contro gli estensori dell’appello «Gaza vivrà», da lui accusati di odio razziale e di istigazione alla violenza. In realtà Magdi Allam si è reso responsabile di un autentico falso e di una grave calunnia nei confronti dei firmatari dell’appello. Essi avrebbero «paragonato Israele al regime di Hitler perché avrebbe trasformato Gaza in “campi di concentramento nazisti” ». Nel nostro testo si legge semplicemente che a Gaza «un milione e mezzo di esseri umani restano sotto assedio, accerchiati dal filo spinato senza possibilità né di uscire né di entrare. Come nei campi di concentramento nazisti, essi sopravvivono in condizioni miserabili, senza cibo né acqua, senza elettricità né servizi sanitari essenziali». La nostra era dunque una legittima, energica denuncia non del carattere nazista della politica israeliana — non avrebbe alcun senso affermarlo — ma delle condizioni di vita miserabili della popolazione palestinese di Gaza, che sono sicuramente paragonabili a quelle di un campo di concentramento nazista. Gaza è la striscia di terra più densamente popolata del mondo, dove un milione e mezzo di persone sopravvivono in condizione disperate. La loro condizione meriterebbe comprensione, solidarietà e sostegno, in particolare da chi, come Magdi Allam, è di origine araba.
Danilo Zolo, Gianni Vattimo, Edoardo Sanguineti Franco Cardini, Marino Badiale, Alessandra Persichetti Giovanni Bacciardi, Bruno Bellerate, Rodolfo Calpini Costanzo Preve, Gilad Atzmon, Ferruccio Andolfi Domenico Losurdo, Ugo Giannangeli Guseppe Pelazza, Aldo Bernardini Vainer Burani, Piero Fumarola, Ornella Terracini

A me sorprende la spregiudicatezza con cui si nega un’opinione che è stata affermata in modo manifesto e inequivocabile. Come si può scrivere nell’Appello, cito testualmente, «embargo genocida» e «campi di concentramento nazisti» riferendosi alla situazione di Gaza, chiedere al governo Prodi di legittimare il gruppo terrorista Hamas messo al bando dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti, e poi negare di aver paragonato Israele al nazismo e di essere schierati dalla parte di chi predica e pratica la distruzione di Israele. Questa si chiama mistificazione dei fatti e dissimulazione della verità.
Magdi Allam

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04.11.2007 2.073 firme per un appello pro-Hamas che paragona Israele ai nazisti
il commento di Magdi AllamTestata: Corriere della Sera
Data: 04 novembre 2007
Pagina: 14
Autore: Magdi Allam
Titolo: «Il partito degli intellettuali che paragona Israele ai nazisti»
Dal CORRIERE della SERA del 4 novembre 2007, un intervento di Magdi Allam:In Italia si è di fatto costituito un partito trasversale pro-Hamas, il gruppo terrorista islamico palestinese bandito dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea. Il sito http://www.gazavive.com annuncia trionfante che fino al 31 ottobre 2007 sono state raccolte 2.073 firme a un «Appello per la fine di un embargo genocida, Gaza vivrà». Dove si attribuisce a Israele la responsabilità del «genocidio» dei palestinesi, paragonandolo al regime di Hitler perché avrebbe trasformato Gaza in «campi di concentramento nazisti ». Chiedendo a Prodi di «annullare la decisione del governo Berlusconi di considerare Hamas un’organizzazione terrorista, riconoscendola invece quale parte integrante del popolo palestinese». Per aver formulato i medesimi concetti il 19 agosto 2006, il presidente e il segretario dell’Ucoii (Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia), Mohammed Nour Dachan e Hamza Roberto Piccardo, sono finiti sotto indagine da parte della Procura di Roma per «aver diffuso idee fondate sull’ odio razziale e religioso» e per «istigazione alla violenza». Ma a tutt’oggi nessun magistrato si è mosso nei confronti del nuovo aberrante manifesto che paragona Israele al nazismo.
Ci auguriamo che la ragione non sia dovuta alla quantità e, soprattutto, alla qualità dei firmatari. In testa compaiono infatti il filosofo Gianni Vattimo, l’astrofisica Margherita Hack, il poeta Edoardo Sanguineti, il musicista Gilad Atzmon, lo storico Franco Cardini e Giovanni Franzoni della Comunità Cristiane di Base. In un secondo tempo hanno aderito anche l’europarlamentare Giulietto Chiesa e Ornella Terracini (Ebrei contro l’occupazione). Colpisce che tra i 685 nomi resi pubblici, 152 (22%) appartengono al mondo dell’istruzione, di cui 54 sono docenti universitari (8%), 35 sono docenti (5%) e 63 sono studenti (9%). I docenti universitari dominano l’elenco dei primi firmatari. Tra essi spiccano Danilo Zolo, Costanzo Preve, Domenico Losurdo, Marino Badiale, Aldo Bernardini, Piero Fumarola, Giovanni Bacciardi, Giovanni Invitto, Alessandra Persichetti, Bruno Antonio Bellerate, Rodolfo Calpini, Ferruccio Andolfi. Nutrito è anche lo schieramento dei militanti politici, 75 (11%), tutti della sinistra radicale (Rifondazione Comunista e Comunisti Italiani) e extraparlamentare (Campo Antimperialista e Legittima Difesa). I sindacalisti (molti della Fiom-Cgil) sono 22 (3%), mentre gli avvocati sono 9 (1,3%) e tra essi spiccano Vainer Burani, Ugo Giannangeli e Giuseppe Pelazza.
Quanto ai militanti islamici compaiono i nomi di spicco dell’Ucoii. Dal già citato Piccardo, che si presenta nei panni di direttore di http://www.islam-online.it, a Aboulkheir Breigheche, che guida la «Alleanza Islamica d’Italia» (sigla che fa riferimento diretto ai Fratelli Musulmani), da Mohammed Hannoun, presidente della ABSPP (Associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese) a Abu Yasin Merighi, vice presidente dell’Ucoii e responsabile della moschea El Nour di Bologna.
Proprio a Bologna, la pubblicazione su Il Resto del Carlino il 19 agosto 2006 di un delirante manifesto dal titolo «Ieri stragi naziste, oggi stragi israeliane», in cui si fac eva l’equazione Marzabotto=Gaza=Fosse Ardeatine=Libano, portò alla denuncia del vertice dell’Ucoii e alla messa sotto inchiesta di Piccardo e Dachan. Ebbene tutto ciò, a distanza di un anno, si è ripetuto impunemente. Nel manifesto «Gaza vivrà» si stravolge in modo sconcertante la realtà dei fatti. Attribuendo una natura esclusivamente reattiva al terrorismo di Hamas, nobilitato con l’aureola di «resistenza », come se l’obiettivo di distruggere Israele non fosse l’obiettivo dichiarato nel suo Statuto. Ignorando che Hamas, dopo la vittoria elettorale del 2006, non ha voluto rinunciare al terrorismo e riconoscere il diritto di Israele all’esistenza. Omettendo di ricordare che il terrorismo di Hamas si è intensificato a Gaza dopo la decisione unilaterale di Israele di evacuare le sue forze militari e i coloni ebrei. Facendo finta che Hamas non si sia macchiata del sangue dei propri fratelli palestinesi pur di imporre il proprio Stato teocratico dittatoriale a Gaza, tanto è vero che è lo stesso presidente palestinese Abu Mazen che ha definito Hamas una «banda di terroristi». In definitiva schierandosi dalla parte dei terroristi islamici contro il governo legittimo dell’Autorità Nazionale Palestinese che vuole negoziare la pace con Israele sulla base della soluzione «due stati per due popoli».
Come è possibile che in Italia, in particolar modo in seno alle università, alla sinistra radicale e ai sindacati, possa affermarsi una posizione così netta a favore di un gruppo terrorista islamico, finora sostenuta soltanto dagli estremisti islamici dell’Ucoii legati ai Fratelli Musulmani? Come è possibile che nelle istituzioni nessuno abbia niente da dire ai 2073 che hanno paragonato Israele al nazismo?

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24.09.2007 Un appello che falsifica la storia e la cronaca
firmato, tra gli altri, da Gianni Vattimo, Franco Cardini e Danilo ZoloTestata:gazavive.com
Autore: Autori Vari
Titolo: «Gaza vivrà. Appello per la fine di un embargo genocida»
Potrebbero essere delle farneticazioni che girano su internet, come esistono siti che inneggiano a Hitler o ad Ahmadinejad, così ci sono nell’estrema destra filonazista e nella sinistra comunista spazi nei quali si esalta la complicità con le tesi dei terroristi del fondamentalismo islamico. Quando però queste farneticazioni raggiungono le istituzioni, allora è opportuno preoccuparsi, non sono più farneticazioni perché coinvolgono una parte significativa del nostro governo. E di conseguenza, la sua politica estera. Quando si dice che Israele, nel definire Gaza entità nemica, “commette un genocidio”, quando si sostiene che “Israele ha messo a ferro e a fuoco i territori, che un milione e mezzo di esseri umani restano dunque sotto assedio, accerchiati dal filo spinato, senza possibilità né di uscire né di entrare, come nei campi di concentramento nazisti essi sopravvivono in condizioni miserabili, senza cibo né acqua, senza elettricità né servizi sanitari essenziali, come se non bastasse l’esercito israeliano continua a martellare Gaza con bombardamenti e incursioni terrestri pressoché quotidiani “, si falsifica non solo la storia ma anche la cronaca. Ci riferiamo ad un appello chiamato “ Gaza vivrà”, con diffusione via internet, che sta raccogliendo adesioni significative. Nell’appello, ovviamente, manca qualsiasi richiamo ai missili Kassam, che ogni giorno piovono su Israele, unica e vera causa che spiega la risposta di Israele.  Non esiste poi alcun “embargo genocida”, ma semmai  il tentativo di costringere Hamas a cessare le ostilità senza ricorrere ad una nuova occupazione della Striscia, come ha sempre ricordato il governo Olmert.  Merita riportarne le richieste finali, con le richieste al governo Prodi:

 1. Rompa l’embargo contro Gaza cessando di appoggiare la politica di due pesi e due misure per cui chi sostiene al-Fatah mangia e chi sta con Hamas crepa;

2. si faccia carico in tutte le sedi internazionali sia dell’urgenza di aiutare la popolazione assediata sia di quella di porre fine all’assedio militare di Gaza;

3. annulli la decisione del governo Berlusconi di considerare Hamas un’organizzazione terrorista riconoscendola invece quale parte integrante del popolo palestinese;

4. cancelli il Trattato di cooperazione con Israele sottoscritto dal precedente governo.

Seguono le firme di chi ha aderito, che vale la pena riprendere, per capire fino in fondo a quali livelli di bassezza può arrivare una certa intellighenzia nostrana.Apre l’elenco l’esimio prof.Gianni Vattimo, altrimenti noto per le sue appassionate genuflessioni davanti a Fidel Castro. Seguono Margherita Hack, nota astronoma, che a furia di guardare le stelle ha dimenticato quello che accade realmente su questa terra, e ancora il poeta Edoardo Sanguinetti, vetero comunista, gli andava bene Stalin, figuriamoci Hamas. Ci sono pure, nel coté cattolico-terzomondista, firmaioli doc come dom Franzoni e altri suoi colleghi teologi della liberazione, poco importa se alla guida di questi stati ci sono dei criminali, basta che “liberino”. Segue una lista nutrita di docenti universitari,  Franco Cardini in testa, seguito dal prof.Danilo Zolo, il che ci spiega perché l’insegnamento della storia nelle nostre università è diventato di fatto propaganda contro l’occidente, con America e Israele per imputati, quando alla sbarra dovrebbero esserci gli stati canaglia. Della Striscia di Gaza e dei suoi abitanti non gliene importa nulla, sono uno strumento per attaccare quello che chiamano imperialismo, e se c’è di mezzo Israele meglio ancora. Quanti nel governo Prodi la pensano nello stesso modo ?


Di seguito, l’appello e le firme:

Nel 1996, votando massicciamente al-Fatah, i palestinesi espressero la speranza di una pace giusta con Israele. Questa speranza venne però uccisa sul nascere dalla sistematica violazione israeliana degli accordi. Essi prevedevano che entro il 1999 Israele avrebbe dovuto ritirare le truppe e smantellare gli insediamenti coloniali dal 90% dei Territori occupati.

Giunto al potere dopo la sua provocatoria «passeggiata» nella spianata di Gerusalemme, Sharon congelò il ritiro dell’esercito e accrebbe gli insediamenti coloniali — ovvero città razzialmente segreganti i cui abitanti, armati fino ai denti, agiscono come milizie ausiliarie di Tsahal. Come se non bastasse, violando anche stavolta le risoluzioni O.N.U., diede inizio alla edificazione di un imponente «Muro di sicurezza» la cui costruzione ha implicato l’annessione manu militari di un ulteriore 7% di terra palestinese.

Nel tentativo di schiacciare la seconda Intifada, Israele travolse l’Autorità Nazionale Palestinese e mise a ferro e fuoco i Territori. Migliaia i palestinesi uccisi o feriti dalle incursioni, decine di migliaia quelli rastrellati e arrestati senza alcun processo. Migliaia le case rase al suolo. Decine i dirigenti ammazzati con le cosiddette «operazioni mirate». Lo stesso presidente Arafat, una volta dichiarato «terrorista», venne intrappolato nel palazzo presidenziale della Mukata, poi bombardato e ridotto ad un cumulo di macerie.

 

Evidenti sono dunque le ragioni per cui Hamas (nel frattempo iscritta da U.S.A. e U.E. nella black list dei movimenti terroristici) ottenne nel gennaio 2006 una straripante vittoria elettorale. Prima ancora che una protesta contro la corruzione endemica tra le file di al-Fatah, i palestinesi gridarono al mondo che non si poteva chiedere loro una «pace» umiliante, imposta col piombo e suggellata col proprio sangue.

Invece di ascoltare questo grido di aiuto del popolo palestinese, le potenze occidentali decisero di castigarlo decretando un embargo totale contro la Cisgiordania e Gaza. Seguendo ancora una volta Israele (che immediatamente dopo la vittoria elettorale di Hamas aveva bloccato unilateralmente i trasferimenti dei proventi di imposte e dazi di cui le Autorità palestinesi erano i legittimi titolari), U.S.A. e U.E. congelarono il flusso di aiuti finanziari causando una vera e propria catastrofe umanitaria, ciò allo scopo di costringere un intero popolo a piegare la schiena e ad abbandonare la resistenza.Questa politica, proprio come speravano i suoi architetti, ha dato poi il suo frutto più amaro: una fratricida battaglia nel campo palestinese. Coloro che avevano perso le elezioni, con lo sfacciato appoggio di Israele e dei suoi alleati occidentali, hanno rovesciato il governo democraticamente eletto per rimpiazzarlo con un altro abusivo. Hanno poi scatenato, in combutta con le autorità sioniste, la caccia ai loro avversari, annunciando l’illegalizzazione di Hamas col pretesto di una nuova legge per cui solo chi riconosce Israele potrà presentarsi alle elezioni. USA ed UE, una volta giustificato il golpe, sono giunte in soccorso di questo governo illegittimo abolendo le sanzioni verso le zone da esso controllate, e mantenendole invece per Gaza.

Un milione e mezzo di esseri umani restano dunque sotto assedio, accerchiati dal filo spinato, senza possibilità né di uscire né di entrare. Come nei campi di concentramento nazisti essi sopravvivono in condizioni miserabili, senza cibo né acqua, senza elettricità né servizi sanitari essenziali. Come se non bastasse l’esercito israeliano continua a martellare Gaza con bombardamenti e incursioni terrestri pressoché quotidiani in cui periscono quasi sempre cittadini inermi.

Una parola soltanto può descrivere questo macello: genocidio!

 

Una mobilitazione immediata è necessaria affinché venga posto fine a questa tragedia.

Ci rivolgiamo al governo Prodi affinché:

1. Rompa l’embargo contro Gaza cessando di appoggiare la politica di due pesi e due misure per cui chi sostiene al-Fatah mangia e chi sta con Hamas crepa;

2. si faccia carico in tutte le sedi internazionali sia dell’urgenza di aiutare la popolazione assediata sia di quella di porre fine all’assedio militare di Gaza;

3. annulli la decisione del governo Berlusconi di considerare Hamas un’organizzazione terrorista riconoscendola invece quale parte integrante del popolo palestinese;

4. cancelli il Trattato di cooperazione con Israele sottoscritto dal precedente governo.

PRIMI FIRMATARI–      Gianni Vattimo – Filosofo ed ex parlamentare europeo  

–      Danilo Zolo – Università di Firenze

–      Margherita Hack – Astrofisica

–      Edoardo Sanguineti – Poeta, Università di Genova

–      Gilad Atzmon – Musicista

–      Franco Cardini – Università di Firenze  

–      Mara De Paulis – Scrittrice, Premio Calvino

–      Lucio Manisco – Giornalista, già parlamentare europeo

–      Costanzo Preve – Filosofo, Torino

–      Giulio Girardi – Filosofo e teologo della Liberazione   

–      Giovanni Franzoni – Comunità Cristiane di Base  

–      Domenico Losurdo – Università di Urbino

–      Marino Badiale – Università di Torino  

–      Aldo Bernardini – Università di Teramo  
–      Piero Fumarola – Università di Lecce

–      Giovanni Bacciardi – Università di Firenze

–      Giovanni Invitto – Università di Lecce

–      Alessandra Persichetti – Università di Siena  

–      Bruno Antonio Bellerate – Università Roma tre

–      Rodolfo Calpini – Università La Sapienza, Roma

–      Ferruccio Andolfi – Università di Parma

–      Roberto Giammanco – Scrittore e americanista  

–      Gianfranco La Grassa – Economista  

–      M. Alighiero Manacorda – Storico dell’educazione

–      Alessandra Kersevan – Ricercatrice storica, Udine

–      Nuccia Pelazza – Insegnante, Milano  

–      Stefania Campetti – Archeologa

     Carlo Oliva – Pubblicista  

–      Gabriella Solaro – Ist. Naz. Storia del Movimento di Liberazione in Italia

–      Giuseppe Zambon – Editore

–      Bruno Caruso – Pittore

     Vainer Burani – Avvocato, Reggio Emilia  

–      Ugo Giannangeli – Avvocato, Milano

–      Giuseppe Pelazza – Avvocato, Milano

–      Hamza Roberto Piccardo – Direttore www.islam-online.it

–      Nella Ginatempo, Movimento contro la guerra, Roma

–      Mary Rizzo – blog Peacepalestine

–      Tusio De Iuliis – Presidente

Associazione “Aiutiamoli a Vivere”

–      Cesare Allara – Com. Sol. Palestina,

Torino

–      Angela Lano – Giornalista Infopal

–      Umar Andrea Lazzaro – Collettivo www.islam-online.it, Genova

–      Marco Ferrando – Partito Comunista dei Lavoratori

–      Leonardo Mazzei – Portavoce Comitati Iraq Libero

–      Mara Malavenda – Slai Cobas, Napoli

–      Moreno Pasquinelli – Campo Antimperialista  

     Marco Riformetti – Laboratorio Marxista

     Maria Ingrosso – Colletivo Iqbal Masih, Lecce

–      Antonio Colazzo – L.u.p.o. Osimo (Ancona)

–      Gian Marco Martignoni – Segreteria provinciale Cgil, Varese

–      Luciano Giannoni – Consigliere provinciale Prc Livorno  

–      Dacia Valent – ex Eurodeputata, dirigente dell’Islamic Anti-Defamation League

–      Pietro Vangeli – Segretario nazionale Partito dei Carc

–      Ascanio Bernardeschi – Prc Volterra (PI)  

–      Fabio Faina – Capogruppo Pdci al Consiglio comunale di Perugia

–      Roberto Massari – Editore, Utopia Rossa  

–      Fausto Schiavetto – Soccorso Popolare

–      Luca Baldelli – Consigliere provinciale Prc Perugia

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