L’Islam italiano si organizza senza l’Ucoii

L’Islam italiano si organizza senza l’Ucoii

L\'edizione del Corano edita sotto la supervisione dell\'UCOII

L’edizione del Corano edita sotto la supervisione dell’UCOII

di Dimitri Buffa

La Consulta islamica voluta dal ministro dell’Interno Giuliano Amato è fallita e di fatto non esiste più dopo che gli estremisti dell’Ucoii, notoriamente legati ai Fratelli musulmani egiziani (che condividono fra l’altro l‘ideologia dell’odio anti occidentale di Hamas) hanno rifiutato di firmare la carta dei valori condivisi. Che poi sono quelli della Costituzione italiana.

Dalle sue ceneri, ieri è nata la Federazione delle comunità islamiche in Italia. Un’entità voluta proprio da tutti i moderati dell’Islam italiano che invece quella carta vollero a suo tempo firmare. La federazione ha visto la luce alla presenza proprio del ministro Amato che evidentemente non vuole passare alla storia come quello che ha fallito per non avere avuto il coraggio di cacciare l’Ucoii dalla vecchia consulta islamica. Così l’escamotage è stato quello di far nascere un nuovo organismo consultivo da cui l’Ucoii è rimasta fuori in partenza.

Amato ha anche precisato che l’Ucoii resterà fuori da una possibile intesa tra stato e islam per l’8 per mille, e si tratta di tanti soldi. Amato ha dichiarato che “coloro che non vollero firmare la Carta dei Valori sono fuori dal percorso che il Ministero immagina per arrivare a una intesa”. Naturalmente Amato passerà presto la mano e non è certo che il nuovo inquilino del Viminale abbia la stessa fretta di siglare una convenzione con l’islam italiano. Specie se dovesse trattarsi di un ministro leghista. Dal Carroccio infatti ieri sono arrivati i primi “niet” a qualunque intesa economica tra stato e islam, moderato o fanatico che sia.

Quel che è certo è che l’Ucoii resterà fuori da ogni futura intesa politica o economica con lo stato italiano. E il presidente nazionale del Partito degli immigrati, Moustaphà Mansouri, esulta per questa svolta e rivendica i propri meriti nell’aver denunciato da tempo la pericolosità di chi non vuole integrarsi secondo le regole della costituzione italiana: “Prendiamo atto che il Ministro Amato, grazie anche alle nostre continue denunce e segnalazioni, ha preso la decisione più giusta, vista l’intransigenza e l’impossibilità di instaurare qualsiasi forma di dialogo con le frange più radicali dell’islam italiano; questo porterà sicuramente ad un miglioramento e ad una proficua collaborazione fra gli organi rappresentativi dei musulmani moderati e lo Stato Italiano”.

Insomma, ora che l’Ucoii è stato finalmente messo fuori gioco, con gli altri esponenti del mondo islamico nazionale un accordo di ampio respiro potrà essere siglato. Non a caso oggi, 24 aprile, il candidato sindaco di Roma per il PdL, Gianni Alemanno, incontrerà gli islamici moderati che hanno lasciato Rutelli perché aveva in lista il leader dei giovani dell’Ucoii Khaklid Chouaki. L’incontro avrà luogo nella Grande Moschea di Roma a Forte Antenne. L’unica riconosciuta dallo Stato italiano come ente di culto islamico e forse anche la più grande artefice dell’esclusione dell’Ucoii da ogni futura intesa con l’Italia.

L’Occidentale

Ucoii, poche proteste. Purtroppo

Non ha mai firmato la carta dei valori dello Stato italiano

Ucoii, poche proteste. Purtroppo

di Mario Valenti

Nel fine settimana si svolgerà a Bologna l’assemblea nazionale dell’Ucoii (Unione delle Comunità e Organizzazioni Islamiche in Italia), una delle associazioni che rappresentano il mondo musulmano nel nostro Paese. L’evento ha scatenato qualche polemica nel centrodestra, ma dopo ventiquattro ore tutto era già stato dimenticato. A sinistra, nonostante il Partito Democratico e la sua voglia di centro, nessuno ha pensato di tenere alta l’indignazione e dalle istituzioni è arrivato solo silenzio. Insomma, via libera all’Ucoii. Ora, a beneficio di chi ancora sapesse poco di cosa veramente si nasconde dietro questa sigla crediamo sia opportuno riassumere alcuni dati di fatto. Presidente dell’Ucoii è un tal Mohamed Nour Dachan, il quale da sempre predica la distruzione dello Stato di Israele e inneggia ad Hamas, il gruppo terroristico che governa la Palestina. Insieme al suo ex-segretario nazionale Hamza Roberto Piccardo, nell’agosto 2006, ebbe un’idea: far pubblicare nelle pagine dei giornali del gruppo “Quotidiano Nazionale” una inserzione a pagamento. Il titolo era: “Ieri stragi naziste, oggi stragi israeliane”.

Il testo, altrettanto moderato, recitava l’equazione “Marzabotto=Gaza=Fosse Ardeatine=Libano”. Qualche che mese fa, proprio per quella pensata, la Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per istigazione all’odio razziale dei due pacifisti più altri amici. L’inchiesta era partita dalla denuncia di due parlamentari di Forza Italia, Lucio Malan e Giorgio Stracquadanio. Ma ciò che vale per il resto d’Italia non è detto che valga per Bologna. Infatti è dei giorni scorsi la decisione della Procura petroniana di non procedere contro gli autori di quell’aberrante iniziativa: “Non c’è alcuna espressione – è stato fatto sapere dal Palazzo di Giustizia -, neppure in forma sottintesa o indiretta ispirata o caratterizzata da ragioni di discriminazioni razziali o religiosa e formulata allo scopo di incitare alla violenza con l’intenzione di colpire altre persone a causa delle loro caratteristiche razziali, etniche o religiose”. Insomma, si tratterebbe di semplice e sacrosanta libertà di parola. Capito adesso perché l’Ucoii viene a riunirsi proprio a Bologna, città più che mai amica e ora anche capitale dell’estremismo islamico?

Se poi a qualcuno venisse voglia di tirare fuori il discorso trito e ritrito della tolleranza in nome delle supreme esigenze per favorire l’integrazione, gli andrebbe ricordato che l’Ucoii si è ben guardata dal firmare la carta dei valori fra lo Stato italiano e le diverse comunità religiose. Segno inequivocabile che dell’integrazione a Dachan e compagnia non interessa un fico secco. Lo stesso ministro Amato ha da tempo sospeso i lavori della Consulta per l’Islam d’Italia proprio perché non vuole più avere nulla a che fare con l’Ucoii. Proposta: visto che far finta di nulla di fronte all’assemblea nazionale dell’Ucoii vuol dire sostanzialmente approvare il suo messaggio di violenza, e che tuttavia la libertà di riunione è uno dei diritti fondamentali della nostra società, ancora non islamizzata, chiediamo a Palazzo d’Accursio di pronunciare cinque parole: “L’assemblea dell’Ucoii è un evento non gradito”.

Opinione.it

Se paragonare Israele al nazismo non è reato

LA PROCURA Di BOLOGNA SUL MANIFESTO DELL’UCOII

Se paragonare Israele al nazismo non è reato

«Libertà di espressione» secondo il pm emiliano. Eppure a novembre il collega di Roma aveva decisio il rinvio a giudizio per «istigazione all’odio razziale»

E del tutto lecito domandarsi se non ci sia una eccessiva elasticità ideologica nell’interpretazione della legge, che dovrebbe essere uguale per tutti

di MAGDI ALLAM

Tempi duri per Israele e rer gli ebrei in Italia Dopo l’annullamento della visita dell Imam della Grande Moschea di Roma alla Sinagoga, l’annuncio del boicottaggio degli scrittori arabi alla Fiera del Libro di Torino che ha designato Israele come ospite d’onore, la pubblicazione di una lista di proscrizione di docenti universitari ebrei e simpatizzanti di Israele, l’ultima sorpresa arriva dalla Procura di Bologna che, assumendo una decisione diametrainente opposta a quella della Procura cli Roma, ha archiviato il caso di un infame manifesto dell’Ucoii (Unione delle Comunità e Organizzazioni Islamiche in Italia) in cui si equipara Israele al nazismo, sostenendo che si tratterebbe di «libertà d’espressione».

«Ieri stragi naziste, oggi stragi israeliane, è il titolo dell’inserzione a pagamento fatta pubblicare dall’Ucoii sulle testate del Quotidiano Nazionale il 19 agosto 2006, concludendosi con un’altra al:errante equazione: «Marzabotto=Gaza=Fosse Ardeatine=Libano». E in un comunicato del primo agosto 2006, commentando la strage di Cana, il Consiglio direttivo dell’Ucoii affermò che «è il segno di un’ulteriore escalation criminale di uno Stato nato nella pulizia etrica, cresciuto e consolidato nella violenza e nell’ingiustizia e che, Iddio non voglia, finirà per essere la tragedia definitiva tel suo stesso popolo».

Ebbene per la Procura di Bologna in tutto ciò «non c’è alcuna espressione neppure in forma sottintesa o indiretta ispirata o caratterizzata da ragioni di discriminazioni razziali o religiosa e formulata allo scopo di incitare alla violenza con l’intenzione di colpire altre persone a causa delle loro caratteristiche razziali, etniche o religiose».

Tutt’altro, precisa il pubblico ministero Morena Plazzi, «si tratta di un documento di denuncia politica, certamente una ricostruzione parziale che non fa cenno alle numerosissime vittime civili israeliane, ma che in nessun modo si traduce in espressioni riconducibii al reato ipotizzato o ad altra ipotesi delittuosa, risultando manifestazione costituzionalmente tutelata della libertà d’espressione del pensiero».

Peccato che sia di avviso totalmente contrario il Procuratore aggiunto di Roma, Maria Cordova, che già il 30 novembre scorso aveva deciso il rinvio a giudizio del presidente e del portavoce dell’Ucoii, Nour Dachan e amza Roberto Piccardo, per il reato di istigazione all’odio razziale. E’ del tutto lecito domandarsi come sia possibile che in uno Stato di diritto dove un’unica legge dovrebbe essere uguale per tutti, due Procure si pronuncino in modo diametralmente opposto sullo stesso caso giudiziario a distanza di due mesi e mezzo. Così come è del tutto lecito domandarsi se non ci sia una eccessiva elasticità ideologica nell’interpretazione della stessa legge.

Il dubbio sulla magistratura bolognese affiora dal momento che già il 27 giugno 2006 il Tribunale della libertà aveva sentenziato che le azioni violente di Al Qaeda e dei taliban contro le forze multinazionali in Afghanistan non sono terrorismo, legittimando addirittura il «martirio islamico».

Così come resta scandaloso il caso di Nabil Bayoumi, il direttore della Moschea An-Nur di Bologna, affiliata all’ Ucoli, che il 7 settembre 2005 intervenendo alla trasmissione Matrix su Canale 5 disse: «In Israele non esistono civili e nemmeno i bambini sono innocenti. (…) I kamikaze non sono tutti da scomunicare, (…) specialmente quelli palestinesi. (…) Osama Bin Laden dice cose condivisibii quando afferma che gli americani e i loro leccapiedi dei governi occidentali devono andarsene dai Paesi arabi».

Trattandosi di apologia di terrorismo e quindi di reato penale, sarebbe dovuta intervenire d’ufficio la Procura di Bologna data l’obbligatorietà dell’azione penale. Invece non è successo assolutamente nulla. Nell’attesa che l’Italia riscatti la certezza del diritto e della pena e che gli ebrei italiani e Israele possano essere garantiti nel loro diritto alla vita e alla sicurezza, l’Ucoii ringrazia la magistratura bolognese: il progetto della megamoschea a cui tiene tantissimo anche il sindaco Cofferati non sarà intralciato da un ostacolo giudiziario.

Corriere.it

Andrea Ronchi (AN): «I musulmani dell’Ucoii dietro il boicottaggio degli scrittori israeliani»

ANDREA RONCHI (AN) «I musulmani dell’Ucoii dietro il boicottaggio degli scrittori israeliani»

di Enrico Paoli

ROMA – «L’integrazione, quella vera, è un’altra cosa, Dalla lezione francese non abbiamo imparato nulla. Per questa ragione, al salone del libro di Torino, Alleanza Nazionale sarà in prima linea contro coloro che vogliono tappare la bocca agli scrittori israeliani. Sono convinto che dietro a questa operazione di boicottaggio c’è l’Ucoii (l’Unione delle comunità islamiche in Italia ndr). Non si può trattare e dialogare con chi nega l’esistenza dello Stato d’Israele». Andrea Ronchi, deputato di Alleanza Nazionale e portavoce del partito, non ha dubbi. Dietro al boicottaggio dello Stato di Israele alla Fiera del Libro diTorino non c’è solo un gruppo di intellettuali che si rifa alle ragioni dei Comunisti italiani, ma ci sono gli esponenti dell’Ucoii. Per questa ragione il partito di Fini è pronto a mobiitarsi e a sostenere l’appello del nostro giornale.

Onorevole Ronchi, da cosa scaturisce la sua idea? «Dalla constatazione dei fatti. L’Ucoil non ha firmato la carta dei valori fra lo Stato italiano e le varie comunità religiose. La stessa Unione, due anni fa, firmò una pagina contro Israele che grida ancora vendetta. L’Ucoii, evidentemente, nonvuoleunaveraintegrazione ma incitare all’odio e alla violenza».

Ma a Torino ci sono dimezza i libri… «Esatto, Ed è ancora più grave. Quando si arriva a colpire la cultura, quando si nega la circolazione delle idee, vuoi dire che si ha paura del confronto. Quello che fa paura è il silenzio dei cosiddetti liberali. E non è la prima volta».

A cosa si riferisce? «Penso alla vicenda della Sapienza che nega al Papa di parlare. Vedo un filo logico fra i due eventi e non possono non essere preoccupato. Soprattutto perché la sinistra offre sponde a questi estremisti».

Si riferisce ai Comunisti Italiani? «No. Loro recitano la loro parte e, in questo, sono coerenti nell’essere anti israeliani. Mi riferisco invece a quelle manifestazioni durante le quali vengono bruciate le bandiere americane e israeliane. E poi ci sono le amministrazioni rosse che aprono alle moschee, dentro alle quali cresce il fondamentalismo».

Guarda caso l’Ucoil ha organizzato proprio a Bologna, la città che vuol diventare la più islamica d’Italia come sostiene Magdi Allam, la sua assemblea nazionale… «Quando si vogliono realizzare insediamenti enomri come quello di Bologna, i cittadini devono potersi esprimere attraverso lo strumento del referendum. Invece di partire dall’alto, bisogna parte dalla gente. Non siamo contro le moschee, siamo contro le speculazioni e il silenzio imbarazzante della sinistra».

Non c’è il rischio di passare per intolleranti? «Gli intolleranti sono loro, quelli dell’Ucoii, non noi che vogliamo sia l’esistenza dello Stato d’israele che quello Palestinese. Dobbiamo essere chiari, e non aver paura di sostenere l’islam moderato».

(Fonte: Libero, 3 Febbraio 2008)

Magdi Allam: dopo il diktat egiziano sulla visita alla Sinagoga di Roma la Grande Moschea della capitale non può rappresentare l’islam italiano

30.01.2008 Dopo il diktat egiziano sulla visita alla Sinagoga di Roma
la Grande Moschea della capitale non può rappresentare l’islam italiano: un articolo di Magdi Allam

Testata: Corriere della Sera
Data: 30 gennaio 2008
Pagina: 21
Autore: Magdi Allam
Titolo: «L’Islam e la Grande Moschea di Roma Quegli ordini che vengono dall’estero»

Dal CORRIERE della SERA del 30 gennaio 2008:

Può la Grande Moschea di Roma, il centro istituzionale dell’islam d’Italia, continuare ad essere retta da un imam che prende ordini e viene stipendiato dal governo egiziano, da un segretario generale che è designato e risponde del suo operato al re del Marocco e dall’ambasciatore dell’Arabia Saudita che provvede in modo discutibile alle spese correnti?

Il quesito si ripropone oggi con maggiore impellenza dato che, a fronte di una strategia messa in atto negli ultimi mesi dal ministro dell’Interno Amato per attribuire alla Grande Moschea la funzione di cardine nella costruzione di un islam italiano che escluda l’Ucoii, di fatto prima la revoca della visita dell’imam alla Sinagoga di Roma il 23 gennaio e poi la convocazione per la prima volta dell’Assemblea dei soci del Centro culturale islamico d’Italia (l’organismo che sovrintende all’attività della Grande Moschea) il 26 gennaio, hanno evidenziato, da un lato, un forte condizionamento da parte dell’estremismo islamico e, dall’altro, una gestione arbitraria e disastrosa. È proprio nel corso della riunione d’esordio dell’Assemblea dei soci, dopo ben 13 anni dall’inaugurazione della Grande Moschea il 21 giugno 1995, che sono emerse le incompatibilità di fondo a livello di leadership e l’esito fallimentare dell’attuale gestione. La riunione era presieduta dall’ex ambasciatore Mario Scialoja, mentre la relazione introduttiva è stata tenuta dal segretario generale Abdellah Redouane. Questi era fresco di nomina, il 21 dicembre scorso, a membro del «Consiglio della comunità marocchina all’estero », un organismo voluto personalmente dal re Mohammed VI, in cui compare con il titolo di «dottore in Scienze delle organizzazioni e in Sociologia». Ufficialmente Redouane è un funzionario del ministero marocchino dei Beni religiosi, ha un passaporto diplomatico, ma al tempo stesso ambisce a diventare il referente istituzionale dei musulmani d’Italia. A tale fine egli sta creando una rete di moschee che accettano di sottomettersi all’autorità della Grande Moschea di Roma (l’hanno già fatto in una ventina), sottoponendo loro un «Accordo di cooperazione» in cui si auspica genericamente «l’integrazione dei musulmani con la società italiana e la convivenza tra le due culture », ma non si fa il benché minimo riferimento alle questioni concrete e cruciali, come la denuncia della predicazione d’odio, violenza e morte diffusa nelle moschee all’insegna della negazione del diritto di Israele all’esistenza e dell’apologia del terrorismo islamico.

Un simile intervento s’imponeva all’indomani della revoca della visita dell’imam Alaa Eldin Mohamed Ismail Al Ghobashy alla Sinagoga di Roma, dopo una fatwa emessa il 21 gennaio dallo sheikh Abdel Fattah Allam, il braccio destro del Grande imam di Al Azhar, lo sheikh Mohammed Sayed Tantawi, in cui ha sentenziato: «Il dialogo tra islam e ebraismo non è contemplato finché non saranno restituiti i propri diritti a chi ne è titolare». Ovvero niente intese con gli ebrei italiani fino a quando Israele non sarà annientata. Ma è proprio in seno all’Assemblea dei soci che il delegato egiziano, in rappresentanza dell’ambasciatore in Italia Ashraf Rashed, ha chiarito a quali ordini risponde l’imam della Grande Moschea: «Il nostro contributo alla gestione del Centro islamico lo diamo assicurando lo stipendio e le spese dell’imam».

La precisazione del delegato egiziano è avvenuta nel contesto della presentazione di un formulario in cui si è chiesto alla ventina di persone invitate all’Assemblea dei soci, scelti da Redouane con un criterio discrezionale, di limitarsi a barrare con una croce la casella del «sì» o del «no» corrispondente alle domande relative all’approvazione o meno del bilancio in corso del Centro islamico (indicato in 393.000 euro di uscite e un passivo di 100.000 euro), del prossimo bilancio (con l’indicazione della richiesta di un finanziamento da parte dell’Arabia Saudita di 500.000 euro, di cui i due terzi per gli stipendi e un terzo per le spese correnti).

Dietro a queste cifre si cela una situazione catastrofica: ormai da tempo nella Grande Moschea mancano il riscaldamento e l’acqua calda, così come sono state tagliate alcune linee telefoniche. Perché non ci sono i soldi per pagare le bollette. Possibile che con il barile a 100 dollari l’Arabia Saudita non sia in grado di sopperire al minimo indispensabile per il funzionamento della Grande Moschea? Il terzo quesito sottoposto all’Assemblea dei soci era sulla proroga di un anno del Cda del Centro islamico. Si tratta di un organismo di 15 membri, presieduto dall’ambasciatore saudita, di cui fanno parte gli ambasciatori di Indonesia, Egitto, Pakistan, Malesia, Senegal, Marocco e Bangladesh.

Ebbene torniamo al quesito iniziale: possono essere questi i rappresentanti dei musulmani d’Italia? Può essere questo il contesto dove realizzare un islam italiano? Evidentemente no. Eppure questa è la desolante realtà di una classe politica che non vuole assumersi la responsabilità di far maturare una rappresentanza islamica che sia compatibile con i nostri valori e che aderisca alla nostra identità nazionale.

Informazione Corretta

Selezione della Rassegna Stampa del 30 Gennaio 2008

RASSEGNA STAMPA – mercoledì 30 Gennaio 2008

Buona parte degli articoli oggi sono ancora dedicati alla commemorazione della Shoah e alle polemiche sulla Fiera del libro di Torino: polemiche interessanti soprattutto perché rivelano quanto è profondo e tormentato, all’interno della sinistra, il pregiudizio aprioristico anti-israeliano. Così, mentre in un lungo intervento sull’Unità Fulvio Abbate, difende Israele e la sua presenza alla Fiera del Libro, Il Manifesto pubblica la lettera con cui Ibrahim Nasrallah, poeta palestinese (omonimo del macellaio che rivendica la proprietà di pezzi di corpi di soldati israeliani?) rifiuta di partecipare alla Fiera insieme agli “assassini” israeliani, e ospita una “proposta politica” di Ester Fano, docente della Sapienza (e si suppone ebrea almeno di origine) che vorrebbe invitare solo gli scrittori israeliani pacifisti e critici verso Israele, uscendo dalla logica della Fiera di invitare Stati, e sostituendola con proposte tematiche. Potrebbe non essere una cattiva idea che la Fiera proponesse annualmente un tema piuttosto che un Paese, ma è difficile condividere la posizione che solo gli scrittori giudicati “buoni” dalla Fano possano intervenire. Ma il Manifesto ha due anime, e Daniele Giglioli, come già aveva fatto Valentino Parlato, difende invece l’invito a Israele.

Il Sole 24 Ore dedica oggi un’intera pagina alla Comunità ebraica di Roma, analizzandone i cambiamenti, intervistando il rabbino Di Segni, e segnalando la prossima nascita di una nuova sinagoga a Monteverde e di una università ebraica, la Touro, che già esiste in altri Paesi.

Sul Corriere della Sera, da non perdere l’articolo di Magdi Allam sulla grande Moschea dio Roma, quella da cui, la settimana scorsa, è venuto “il gran rifiuto” della visita alla Sinagoga. Allam rivela come la Moschea sia assolutamente dipendente dai Paesi Arabi, per i finanziamenti, le linee politiche, le scelte; e come il suo Consiglio sia composto esclusivamente da ambasciatori dei Paesi musulmani, tra cui Indonesia e Pakistan. E’ un giusto modo, si chiede Allam di rappresentare i musulmani italiani e di creare una identità nazionale a questa comunità che diventa sempre più numerosa?

Sempre il Corriere della Sera ospita una notizia curiosa. Quella dell’attacco di Seamus Farrow, unico figlio biologico di Woody Allen, contro il Consiglio dei diritti umani dell’ONU, reo di essere “un cancro antisemita”. Su 13 condanne per reati contro i diritti umani nei 17 mesi della sua esistenza, il Consiglio ne ha emesse 12 contro Israele. La corrispondente Alessandra Farkas sottolinea come, a differenza del padre, che si definisce un ebreo antisemita, Seamus, considerato un genio, sia invece impegnato nel difendere l’immagine di Israele.

La fatwa non esiste solo nei paesi islamici. Stefano Ciavatta, su Il Riformista, racconta della probabile condanna dello storico americano di origine polacca Ian Tomasz Gross, reo di avere scritto un libro suil’antisemitismo in Polonia dopo Auschwitz. In Polonia, rischia tre anni di galera chi sostiene che il Paese o i suoi cittadini sono responsabili o hanno collaborato coni crimini nazisti e comunisti. Negazionismo puro, questa volta di Stato: la legge 132 è stata approvata dal governo Kacynski nel 2006.

Il Sole 24 Ore dedica una lunga intervista a quello che potrebbe esere definito il Berlusconi israeliano: Arkadi Gaydamk, di origine russa, miliardario fatto-da-sé, proprietario di squadre di calcio, appassionato di sondaggi, che nel 2007 ha fondato il partito “Giustizia sociale”. Roberto Buongiorni ne traccia un ritratto interessante: Gaymadak non sarebbe interessato a diventare premier, se il governo dovesse cadere, ma sarebbe interessato a diventare sindaco di Gerusalemme, con l’idea di renderla una città aperta e di migliorare le condizioni di vita della popolazione araba.

Le Monde pubblica con molto rilievo l’appassionata richiesta di Marie Rajablat, responsabile per Médecins de France dei programmi nei territori palestinesi, in cui sollecita l’unione Europea a intervenire con fermezza a Gaza, illustrando la disastrosa situazione della popolazione. Rajablat ha ben presente che le responsabilità sono anche di Hamas, e invita i governi europei a richiedere la cessazione del lanci dei missili contro Sderot e la riapertura dei valichi con Israele.

E per finire due piccole notizie curiose. L’attore Mario Malinverno ha ritirato il diritto di utilizzare al sua immagine nel film “Hotel Meina” di Lizzani, spiega la Stampa, dopo aver verificato le gravi discrepanze con la realtà storica. Complimenti. Non è frequente che un attore si rifiuti ai falsi storici. E a Roma è nato l’osservatorio delle Donne di Fede per volontà del Comune, racconta La Repubblica nelle pagine della cronaca locale. Un luogo in cui donne di ogni religione possano incontrasi e discutere. La pace e il dialogo verranno dall’altra metà del cielo? C’è da augurarselo.

Viviana Kasam

Ucei.it

La nuova Moschea di Bologna? Magdi Allam: un regalo del Comune all’UCOII ed ai Fratelli Musulmani

LA NUOVA MOSCHEA DI BOLOGNA? MAGDI ALLAM: UN REGALO DEL COMUNE ALL’UCOII ED AI FRATELLI MUSULMANI

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(Sesto Potere) – Bologna – 20 gennaio 2008 – Magdi Allam, vicedirettore del Corriere della Sera, nell’articolo dal titolo: “Bologna, maxi moschea per pochi fedeli”, denuncia il fatto che il sindaco della città felsinea Cofferati “si appresta a regalare la mega moschea di Bologna a un gruppo islamico che, oltre ad essere estremista, conta in tutto solo 21 associati sugli 11.615 musulmani residenti nel Comune”.

Perchè questa ostinazione?

“L’ostinazione di Cofferati a costruire la mega moschea di Bologna – insiste Magdi Allam – emerge dal dato sulla permuta che è attualmente al vaglio della Giunta e che potrebbe essere deliberata dall’Assemblea comunale entro la fine del mese. La permuta avverrebbe tra un terreno sito in via Felsina, acquistato nel 2000 dall’Associazione Onlus «Al Waqf Al-Islami in Italia», ovvero «Ente di gestione dei beni islamici in Italia», affiliato all’Ucoii, per 180 milioni di lire, circa 90 mila euro. Ebbene la stima realizzata il 7 maggio 2007 dalla Finanziaria Bologna metropolitana, partecipata del Comune, valuta il prezzo del terreno a 1.382.000 euro. In aggiunta si sarebbero riconosciuti al Centro di cultura islamica una cifra di 269.000 euro per i lavori effettuati all’interno della moschea di via Pallavicini. In totale, quindi, il Comune avrebbe corrisposto al Centro islamico la cifra di 1.651.000 euro, circa venti volte il valore originario del terreno oggetto della permuta”.

Non solo, aggiunge Magdi Allam che “Il Comune dopo aver stimato che il terreno originariamente destinato alla mega moschea, con una superficie di 52.000 mq, valeva 3.138.000 euro, si era auto applicato uno sconto del 50% a beneficio del Centro islamico. Lo scandalo fu bloccato e si è appunto in attesa di una nuova stima”.

“Se alla fine la mega moschea sorgerà sarà bene chiarire che è stata voluta da questa amministrazione comunale per regalarla all’Ucoii. Forse riuscirà comunque a farla costruire, a dispetto dell’opposizione della maggioranza dei cittadini e del pesante monito della Curia che ha qualificato l’insistenza dell’amministrazione comunale come un «peccato mortale» e invocato una «moratoria». Ma che almeno si sappia la verità su una vicenda che non fa il bene né dei musulmani né soprattutto dei bolognesi”: è il duro atto d’accusa di Magdi Allam.

La contrarietà del vicedirettore del Corriere della Sera nasce non soltanto dal coinvolgimento dell’Ucoii ( «ideologicamente e operativamente affiliata ai Fratelli Musulmani che, come Hamas, considera lecito il ricorso al terrorismo per conseguire il traguardo condiviso dello Stato isalmico… un’organizzazione che il 12 novembre 2003 giustificò la strage di Nassiriya » ) ma si fonda anche su un’analisi demografico/statistica.

Basta andare nel sito ufficiale del Comune di Bologna per rendersene conto.

Al 31 dicembre del 2006 risulta che il totale degli immigrati a Bologna è di 30.319, di cui quelli originari di paesi a prevalenza islamica sono 11.615. Se si considera che, sulla base delle stime rilevate dalle inchieste sociologiche e giornalistiche più serie, la percentuale dei musulmani che frequentano abitualmente le moschee oscilla tra il 5% e il 7%, questo dato a Bologna oscilla tra i 580 e gli 813 fedeli, ricorda lo stesso Magdi Allam .

Viceversa nel sito della Provincia di Bologna si stima che gli associati al Centro di cultura islamica sarebbero 50.

“Comunque sia, stiamo parlando di un totale di associati che corrisponde allo 0,2% o lo 0,4% dei musulmani residenti a Bologna. Se invece consideriamo l’effettiva necessità di una mega moschea a Bologna, prendiamo atto dell’esistenza di 6 luoghi di culto islamici situati in via Pallavicini, via Libia, via Stalingrado, via Terracini, via Zago e in zona Barca. La moschea in via Pallavicini può accogliere 400 fedeli (calcolando lo spazio di un metro quadro per ogni fedele secondo la stima fatta dal Comune). Gli altri 5 luoghi di culto islamici sono più piccoli e in condizioni disagevoli. Ebbene l’estensione della mega moschea che si vorrebbe costruire alla periferia della città, in via Fiorini, è di 2.500-3.000 mq di superficie utile netta su una superficie territoriale di 19.000 mq.
La stima della capienza è tra i 1.200 e i 1.500 fedeli. Quindi da sola supererebbe largamente la necessità dell’insieme dei musulmani praticanti di Bologna”: conclude Magdi Allam .

Sesto Potere

UCOII: Chiesto il rinvio a giudizio per istigazione all’odio razziale

Edizione 265 del 04-12-2007

Istigazione all’odio razziale è l’accusa mossa all’organizzazione islamica dalla procura di Roma

Per l’Ucoii chiesto il rinvio a giudizio
di Dimitri Buffa

Paragonare Gaza ad Auschwitz è un implicito incitamento all’odio anti ebraico. Specie se si compra un’intera pagina di giornale, come accadde con il Quotidiano nazionale del 19 agosto 2006, proprio alla fine della guerra tra Israele e Hezbollah, per diffondere una simile enormità. Così due giorni fa la procura della repubblica di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio in base alla legge Mancino (e successive modifiche) del duo dirigente dell’Ucoii, Nour Dachan e Hamza Piccardo. E con loro anche di Marco Morelli, un rappresentante dei convertiti italiani all’islam sciita, e dell’editore di Al Hikma, Damiano Di Palma. Nella richiesta si parla di istigazione all’odio razziale. Tutti devono rispondere a diverso titolo di aver incitato, via internet e tramite annunci a pagamento sui giornali del gruppo Riffeser, a commettere violenze per motivi religiosi.

Le pene sono severe, fino a quattro anni di reclusione. E se i due esponenti dell’Ucoii do vessero essere rinviati a giudizio e poi condannati, anche solo in primo grado, sarebbe quasi inevitabile espellere l’organizzazione estremista, che in Italia fa riferimento alla fratellanza mussulmana fondata da Hasana al Banna e Sayyd Qutb, dalla famigerata Consulta per l’Islam tanto cara all’attuale ministro dell’Interno Giuliano Amato, ancorchè inventata dal suo predecessore Giuseppe Pisanu. Piccardo deve rispondere di alcune pubblicazioni sul sito internet http://www.islam-online.it. Le contestazioni a carico di Nour Dachan sono dovute invece alla diffusione di “idee fondate sull’odio razziale e religioso” mediante la pubblicazione di una pagina a pagamento sul “Quotidiano Nazionale”. Chi non ricorda quel titolo un po’ infame per il quale ci furono polemiche anche con il direttore responsabile del quotidiano? Nell’inserzione c’era infatti scritto “Ieri stragi naziste, oggi stragi israeliane”. Piccardo negli stessi giorni sul proprio sito web pubblicava un messaggio nel quale si afferma va che “quello che sta succedendo a Gaza è il tentativo di distruggere l’umanità positiva che si estrinseca per moltitudini di uomini e donne nella menzione nel nome di Dio”. Piccardo, inoltre, scriveva nel messaggio sul sito Internet a proposito della “blasfemità della guerra che trova la sua massima espressione nei bombardamenti terroristici”.

E poi facendo riferimento a Israele scriveva: “Sappiamo che Dio odia gli aggressione e che la sola reazione da Lui accettata è quella proporzionata all’offesa subita. Nonostante la paranoia israeliana non riusciamo a vedere alcuna proporzione. Ed è questo il segno di una escalation criminale di uno stato nato nella pulizia etnica, cresciuto e consolidato nella violenza e nell’ingiustizia”. La Procura ha infine contestato a Piccardo anche un altro messaggio pubblicato nel luglio 2006 sul sito suddetto:il portavoce dell’Ucoii, parlando di Israele, scriveva che “questo Stato sta disseminando di stragi e rovine il vicino Oriente, anzi il mondo intero”. L’inchiesta era scaturita da una coraggiosa denuncia dei parlamentari di Forza Italia, Lucio Malan e Giorgio Stracquadanio. L’iscrizione di Piccardo e Dachan era stata decisa dopo la consultazione delle fonti e in particolare delle sentenze della Corte di Cassazione in materia di istigazione all’odio razziale.

Opinione.it

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